Dal 1983, quando le indagini di laboratorio sono state integrate nei criteri diagnostici per la sclerosi multipla (SM), il panorama delle conoscenze è notevolmente evoluto. Oggi, accanto alle bande oligoclonali e all’indice K, che rimangono strumenti utili per confermare la diagnosi e differenziare la SM da altre patologie, si stanno affermando nuovi biomarcatori come il neurofilamento e la proteina GFAP, che potrebbero rivoluzionare il monitoraggio e la gestione della malattia. Il neurofilamento, indicatore di danno assonale, e la GFAP, rilasciata dagli astrociti danneggiati, sono entrambi rilevabili nel sangue e, sebbene non siano esclusivi della SM, potrebbero aiutare a monitorare la malattia in modo dinamico e meno costoso rispetto alla risonanza magnetica (RM), che rimane il gold standard per valutare la risposta terapeutica.
Recenti studi hanno confermato che elevati livelli di GFAP sono associati alla progressione della malattia, mentre una combinazione di alti livelli di GFAP e un aumento modesto del neurofilamento può indicare una progressione “silente” della SM, nota come PIRA (progressione indipendente dalle ricadute). Questo permette ai medici di personalizzare i trattamenti in modo più preciso. Ad esempio, i pazienti con bassi livelli di entrambi i biomarcatori potrebbero essere trattati con farmaci più convenzionali, mentre quelli con alti livelli di neurofilamento potrebbero necessitare di terapie ad alta efficacia per prevenire l’aggravarsi della disabilità.
Inoltre, per i pazienti con danni astrocitari significativi e bassi livelli di neurofilamento, potrebbe essere necessario esplorare nuove opzioni terapeutiche. Altri biomarcatori, rilasciati da cellule come la microglia, potrebbero aggiungere ulteriore valore, ma la loro applicazione pratica è ancora in fase di studio. Il grande ostacolo rimane la standardizzazione dei test nei vari centri clinici e la necessità di formazione per i professionisti del settore, affinché questi strumenti possano essere usati su larga scala.
Infine, il futuro della gestione della SM potrebbe includere l’uso della biopsia liquida, simile a quanto già avviene per il monitoraggio di alcuni tumori, permettendo di osservare in tempo reale l’andamento della malattia e adattare i trattamenti. Sebbene questi biomarcatori non possano sostituire completamente la risonanza magnetica, il loro utilizzo complementare potrebbe ottimizzare la gestione della malattia, offrendo un approccio più dinamico e mirato.
La redazione
Source: ABOUTPHARMA